Franca Masu, la voce e l’anima
Franca Masu: «Il rapporto con Alghero l’ho scoperto molto tardi. Una lingua che piano piano mi è entrata nelle vene»
Dalle sue finestre Franca abbraccia il mare, e non è raro incontrarla nella piazzetta sotto casa mentre pianta fiori nelle aiuole, quella piazzetta che ha adottato perché ama che i passanti la trovino pulita e colorata. Come se non fosse la cantante pluripremiata che è, come se non avesse avuto l’accompagnamento di musicisti eccelsi. La cosa che colpisce quando la incontri è il suo essere accogliente. Ti accoglie con gli occhi, con le braccia, con il sorriso. Quando sale sul palco si trasforma, occupa lo spazio, la sua voce scende in platea, ti avvolge. Le sua mani disegnano nell’aria, lei danza anche da ferma, seduce i musicisti, il pubblico. I suoi concerti sono sempre eventi, e la sua lingua non è mai stata un problema per chi la ascolta: pur non conoscendo il catalano lo spettatore tutto capisce e tutto vive, con grande pienezza. È da annoverare tra le grandi donne che rendono la Sardegna un crogiuolo di talento. Ma la donna Franca è celata, misteriosa. Abbiamo provato a scoprirla, e forse ci siamo riusciti.
Ti senti a tuo agio in questa epoca? Credi di essere nata negli anni giusti?
Mi vedo e mi sento come un’esasperata equilibrista, sempre in bilico. Citando a memoria il verso finale di uno dei più bei sonetti di Neruda: è come se avessi tra le mani le chiavi della gioia e un incerto destino sventurato. Amo troppo tutto quello che faccio, tutto quello che vedo, che vivo, che leggo, che sogno, che canto. Non è quindi mai facile trovare pace. Ma credo che allo stesso tempo sia anche un grande dono poter vivere la vita così profondamente, tutta dentro, seppur con dolore.
Mi sento donna del mio tempo, perché sarebbe stupido desiderarne un altro, ripiegarsi in sterili nostalgie del “quando si stava meglio”. Io vivo il tempo che mi è stato concesso con l’unico scopo che mi prefiggo e che cerco sempre di non tradire: lasciare un segno d’amore del mio lieve passaggio qui. E allora vivo il momento in pienezza, con tutte le sue brutture e le sue contraddizioni, ma anche con la luce negli occhi che devo e voglio regalare a me stessa e a chi mi vive accanto.
Quanto è importante per un’artista essere sorretta dalla propria città? Tu senti questo sostegno? Tu senti questo sostegno?
Il rapporto con Alghero l’ho scoperto molto tardi. Quando ho cominciato questa illuminante avventura del canto, ero completamente inconsapevole di dove mi stavo andando a ficcare. Giocavo con le parole, con i suoni, con i ghirigori, con una lingua che piano piano invece, mi è entrata nelle vene. E l’ho studiata tanto perché la volevo dominare e non potevo non capire cosa stessi cantando. Avrei mentito a tutti.
Alla fine in poco tempo l’ho imparata così bene che l’ho forgiata a mia misura artistica. Non volevo che l’algherese fosse ridotto a un semplice fatto folkloristico. Volevo elevarlo ad un registro alto: Amália Rodrigues sosteneva che se le parole non suonano non si possono cantare. Ed allora tutte quelle che per scrivere un testo non erano adeguate o proprio non esistevano, per via di un lessico ridotto, io le ho prese direttamente dal catalano. E questa mia scelta linguistica ha dato fastidio ad alcuni puristi ma poco importa. La soddisfazione più grande è che il pubblico di Alghero mi vuole un bene grande così e anche se non mi capiscono bene bene, si emozionano per tutto quello che va oltre la parola e che io trasmetto loro.
Penso che in questo momento storico dove tutti parlano di tutto e sono convinti di essere capiti da tutti, sia molto più serio sapere che magari si può essere capiti da pochi, ma perfettamente. Per questo seguo nella scrittura dei miei testi una certa costruzione o esprimo concetti che pur essendo universali, arrivino al cuore con una scelta linguistica elegante, raffinata, meno popolana. Sapere che in Catalogna mi considerano poeta mi lusinga, ma mi fa arrossire, perché io non sono poeta, scrivo solo canzoni. Però lì mi capiscono fino in fondo e sono davvero una di loro.
Tu sei implacabile con te stessa, perfezionista. È ancora un valore per una cantante la professionalità?
Io sono implacabile nel lavoro, lo sono stata anche come insegnante, ma ho ottenuto dei risultati. Forse ho sbagliato ad esserlo troppo come mamma e sto ancora inseguendo una via che mi porti a una riconciliazione completa con i figli. Ma tutto è in divenire.
Spesso non mi so perdonare; nella vita e nella musica pretendo il massimo da me stessa e dai musicisti con cui amo collaborare. E fino ad oggi il mio sesto senso non mi ha mai lasciata. L’artista ha il sacrosanto dovere di essere onesto e autentico con se stesso e con il pubblico. Altrimenti il suo tempo è segnato.
Franca Masu è felice?
Sono una irriducibile irrequieta, che soffre di immense e inspiegabili solitudini, ma faccio ridere sempre gli amici perché mi prendo in giro, faccio le imitazioni, mi dispero per il sovrappeso ma non inizio mai una dieta. Chiunque venga a trovarmi devo rimpinzarlo con mille manicaretti, parto sempre con i panini imbottiti per tutti i musicisti che se no, chissà che fame in viaggio. Sono distratta, ho fatto gaffe mortali con grandi uomini di Stato, perché non riconoscendoli ho chiesto loro dov’era il bagno. Una volta non ricordavo il volto del padrone della villa palladiana che mi ospitava per cantare e lo scambiai per il custode. Sono un disastro totale.
Lasciamo Franca Masu con un buon sapore sulle labbra, come se avessimo addentato una rosa. Perché Franca Masu è, indiscutibilmente, la rosa rossa di Alghero.