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LA DOLCE VITA IN SARDEGNA
Sebastiano Pranteddu depositario dell’arte torronaia in famiglia
L’olfatto percepisce note dolci e la vista è rapita da una decorazione di mandorle brune tostate su fondo bianco. Siamo ad Aritzo, da Sebastiano Pranteddu depositario dell’arte del torrone. Perche di arte si tratta. Aritzo è terra di fioriture generose che le api apprezzano e con il loro lavoro trasformano in miele. Sebastiano completa l’opera con ingredienti sapientemente miscelati che danno il tocco poetico. È del 1614 il primo documento che certifica la commercializzazione del torrone in Sardegna, l’inizio della produzione invece è avvolto dal mistero; si perde nella notte dei tempi. In epoca di grandi scambi commerciali immaginiamo un porto nel quale la ricetta sbarca e arriva fino in Barbagia, nel cuore della Sardegna.
Ad Aritzo la produzione è stata avviata a meta ‘800 e cinquantenni dopo si contavano già 89 venditori ambulanti sulle cui licenze compariva la voce torrone.
Sebastiano: come è nata la passione per questo lavoro?
Sono figlio d’arte, mio padre era torronaio, ed io, insieme ad uno dei miei sette fratelli, i prescenti! Io me la cavavo bene nelle fiere di paese, poi lui si è arruolato in finanza ed eccomi qua.
Da quanto tempo sei torronaio e cosa è cambiato negli anni?
Sono nato in una cassetta di torrone! Mio padre andava alle feste patronali con una moto carrozzella Piaggio, la stessa con la quale ho iniziato io, a 18 anni; lui ci è arrivato fino a Nora con quella moto carrozzella! A ripensarci oggi sembra impossibile; poi abbiamo comprato un nuovo mezzo.
– Parede un appartamentu de cantu este mannu – diceva. E’ morto a 57 anni e da quel momento ho preso le redini dell’azienda. Vendevamo solo torroni e noccioline, si faceva fatica, ma non ci mancava niente. Oggi il mio banco sembra un centro commerciale!
Raccontaci della tradizione di famiglia: com’è iniziata?
Mio bisnonno materno iniziò a produrre la carapigna ( il famoso gelato introdotto dagli spagnoli intorno al 1600 ndr).
Fu mio padre, insieme a suoi fratelli e alcuni cugini ad iniziare con il torrone; sceglieva materie prime esclusivamente locali, come faccio io tutt’oggi; ed io, come lui, con dedizione ho conquistato la fiducia dei miei clienti. La loro soddisfazione mi ripaga di tutto il lavoro e la fatica.
Come si conserva oggi la tradizione?
Rispettando la ricetta originale e non cedendo alle lusinghe di ingredienti, magari più a buon mercato, che arrivano da oltremare.
Il torrone è tipico di questo territori. Aritzo e Tonara sono i centri nei quali questo dolce ha le sue radici.
E’ stato introdotto durante la dominazione spagnola. Negli anni 50 a Tonara la prima piccola fabbrica che ha fatto diventare il centro la capitale sarda del torrone.
Parliamo della preparazione del Torrone. Come riconoscere quello artigianale?
Un buon torrone si può fare anche industrialmente, dipende dagli ingredienti.
Artigianalmente i passaggi sono articolati: un gran calderone di rame, tanta pazienza e molta esperienza. Saper valutare i tempi di cottura, ad esempio, è fondamentale: variano a seconda della temperatura dell’ambiente e della stagione in corso; e poi c’è il nemico numero uno: l’umidità del miele. Sono tanti i fattori che differenziano un venditore di torrone da un torronaio!