Sassari – Scarlatti Project alla V edizione del Festival Note Senza Tempo


Che legame c’è tra questi dolci al formaggio apparentemente cosi distanti? La cucina è evoluzione e contaminazione, e come nelle migliori famiglie, anche se a chilometri di distanza, il legame c’è sempre
Capita spesso di stupirci quando vediamo cibi che riteniamo essere propriamente sardi, che sono invece parte integrante della tipicità di popolazioni a noi lontane: su carasau è molto simile al pane arabo, su sucu al couscous mediorientale, sa supa cuata alla sòpa coàda trevigiana, sa casadina alla kalitsounia cretese.
L’essere umano, con gli stessi ingredienti e la identica necessità, sviluppa inconsapevolmente cibo dalle identiche caratteristiche. Capita pure che una preparazione viaggiando con l’essere umano si evolve, si trasforma, si contamina e si sedimenta nel paese d’arrivo e, specialmente se approda su un’isola, succede che non si trasformi e rimanga del tutto simile alla preparazione originaria.
Ma sa casadina è solo sarda? Certo che no! Difficilmente si può avere un prodotto di un solo luogo. Il cibo è sempre soggetto a contaminazioni ed evoluzioni e mai è di un solo e unico luogo preciso. Oggi tutto è in continua e veloce trasformazione. I dolci col formaggio o ricotta, come sa casadina, vengono definiti, indifferentemente e arbitrariamente, cheesecake. Facciamo ordine.
La contemporanea cheesecake è frutto anch’essa di numerose evoluzioni e contaminazioni. Tutti gli studiosi concordano che le prime tracce di questo dolce siano state documentate già nell’antica Grecia e diverse fonti storiche ci informano che durante le olimpiadi la principale fonte di energia per gli atleti era il formaggio impastato con olio di oliva, farina, frutta e miele. Nella terra di Ippocrate, alla fine dei pasti, si consumavano molti dolci: plakous era un biscotto di farina d’avena, formaggio e miele; euchylos e nastos, entrambi a base di formaggio. Archestrato da Gela sosteneva che il dolce migliore era quello ottenuto con formaggio ateniese e miele dell’Attica. I Romani si saziavano con dolci a base di formaggio che diffusero in buona parte dei loro domini, Inghilterra compresa. Infatti il termine “caseus” è simile in quasi tutte le lingue europee: cheese inglese, kase tedesco, kaas olandese e queso spagnolo. Basta leggere le ricette intitolate “placenta” e “savillum” di Catone il Censore per trovare sfoglie di pasta ripiene di formaggio e miele.
In epoca contemporanea la torta cheesecake, che può essere cruda o cotta, con ricotta o formaggio, è preparata in tutto il mondo: ha raggiunto anche gli Stati Uniti, sino a diventare tipica a New York. In Francia si prepara con formaggio Neufchâtel e la tarte au fromage blanc si è diffusa anche in Belgio e in Germania. In Grecia si confeziona col formaggio Mizithra e nel Regno Unito e Australia prende forma con una miscela di latte, zucchero, formaggio e panna. Il flaò di Ibiza è a base di formaggio di capra e menta mentre il fiadone corso è realizzato con il casgiu brocciu.
In Sardegna si trovano ancora oggi reperti di dolci di formaggio “antichi” come sa casadina. Si preparano in diverse zone con le stesse e identiche basi, ma differenti sono le evoluzioni sia nelle preparazioni e nel nome. Ogni paese in Sardegna ha sviluppato una versione tutta sua (a Osilo la sfoglia è alta 6/7 cm, a Dorgali bassa 4 cm, a Thiesi 5 cm circa). Ci sono paesi dove si profuma con zafferano, in altri con prezzemolo e chi utilizza invece scorza d’arancio o cannella. Alcuni paesi la preparano principalmente salata, con la menta, e in altri è solo dolce.
Ricetta Casadina (versione Logudorese)
Ingredienti:
1 kg. di formaggio di pecora fresco acidulo – 1 Kg. di semola di grano duro – 200 g. di strutto – 100 g. di uva passa – 100 g. di zucchero – 4 uova – 1 arancio – una bustina di zafferano (tonfaranu) – sale – cannella in polvere.
Preparazione
Impastate la semola con lo strutto e un goccio di acqua tiepida salata. Lavoratela a lungo finché non diventa soda ed elastica, quindi avvolgetela con un telo di cucina e fatela riposare in luogo fresco per un’ora. Questo impasto si chiama in sardo pasta violada (pasta intrisa di grasso)
Per il ripieno, grattugiate il formaggio fresco e aggiungete, mescolando, le uova intere, lo zafferano sciolto in poca acqua tiepida, la buccia d’arancia, lo zucchero, un pizzico di sale, l’uva passa fatta rinvenire prima in acqua tiepida. Riprendete la pasta e col matterello formate tante palle di pasta in dischi di circa 10 cm. di diametro. Distribuite sui vari dischetti la giusta quantità di ripieno (circa tre cucchiai). Pizzicate l’estremità dei dischetti in modo da farne dei piccoli cestini e spolverizzate il ripieno con un po’ di cannella. Cuocete in forno preriscaldato a 140° finché non diventeranno leggermente dorate.
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