Sassari – Il mare è sempre più blu per la quinta volta consecutiva conquista la prestigiosa bandiera

di Graziano Pranteddu
Graziano Pranteddu svela i segreti della celebre granita dalle origini lontane
Una delle protagoniste indiscusse alla “Prova del Cuoco” della Sardegna ( articolo a seguire) è senza ombra di dubbio ‘Sa Carapigna’. Tanto si è detto su questo prodotto, spesso in maniera distorta; noi per non sbagliare, e soprattutto per il rispetto della tradizione, siamo andati direttamente alla fonte. E abbiamo lasciato la parola ad uno dei pochi Carapigneris ancora in attività: Graziano Pranteddu.
<<Sono di Origini aritzesi, discendente diretto di Sebastiano Onano “Tiu Tanu”, nonno materno, e di Salvatore Pranteddu “litteddu”, mio padre; ultimi Carapigneris – insieme ai Praba residenti rispettivamente a Tuili e Cagliari – della vecchia tradizione, ragion per cui mi reputo erede di questa antica tradizione dolciaria che tra i suoi prodotti annovera anche il torrone, dolce principe delle feste in Sardegna e per i quali nutro profonda passione.
“Sa Carapigna”, il cui nome deriva sicuramente dall’equivalente spagnolo “Garapenar”(rendere freddo, rapprendere) tecnicamente appartiene alla classificazione della granita piuttosto che a quella del sorbetto in quanto, a differenza di quest’ultimo i cristalli sono più grossolani, non prevede alcolati tra gli ingredienti. Anche il ghiaccio non compare tra gli ingredienti come erroneamente tanti credono. Sgombrato il campo da questo non infrequente equivoco, la classificazione della Carapigna tra le granite pare essere la più opportuna. Di origine araba, arrivò in Sardegna con gli spagnoli, i quali ne appresero l’arte durante la dominazione araba in Spagna. Gli aritzesi ne carpirono il segreto presso i palazzi della nobiltà spagnola a Cagliari, dove erano costretti a recarsi per il trasporto del ghiaccio proveniente dalle nevi conservate del Gennargentu. Con la loro industriosità iniziarono a far conoscere la Carapigna durante le feste patronali. Le origini sono ampiamente documentate in una lettera reperita nell’ archivio Regio di Cagliari datata: 4 luglio 1880. Si legge che l’arrendatore neviero Ghiani si lamentava con l’intendente perché due cavallanti, Sebastiano Mereu e Antonio Maria Nieddu si erano rifiutati, in quanto miliziani, di effettuare il trasporto della neve. In realtà uno era andato a zonzo e l’altro “se ha hido à hacer carapina à San Costantino”(è andato a fare carapigna alla festa di San Costantino).
Posseggo i vecchi attrezzi per la preparazione: su barrile, un mastello con doghe di castagno che deve contenere sa Karapignera , un recipiente cilindrico in latta (alcuni esemplari sono conservati nel Museo Etnografico di Aritzo) attorniato in basso e ai lati da ghiaccio e sale. Per filtrare il preparato, su bagnu si utilizzava su kolatore , un telo quadrato di tessuto a trama grossa. A lavorazione ultimata, quando su bagnu formava una crosta ghiacciata nelle pareti interne delle karapignera, si usava prima su ferru ‘e ferru, poi su ferru ‘e lina piccoli mestoli rispettivamente in metallo e in legno che servivano anche per versare la carapigna nelle tassas o in piccoli bicchieri di ca 50-100cc di capacità. Altrimenti in cono come un gelato.
<<Oggi per una questione di igiene in bicchierini e cucchiaini monouso. La produzione della carapigna viene ancora fatta nei luoghi di consumo: feste patronali e sagre. Matrimoni e eventi di ogni tipo.>>