Sassari – Piazza Sant’Antonio, al via il progetto di riqualificazione

Molte false informazioni negano i diritti al Nord Sardegna
Un’Isola intera è in rivolta. La spaccatura tra la classe politica regionale e la gente si accentua, dopo il pronunciamento indicativo del Consiglio delle Autonomie.
La riforma degli enti locali disegnata dall’assessore regionale Cristiano Erriu è lontana dalla quadra di una sintesi chiara; ed ha esercitato il potere di scatenare la protesta dei territori, ora impegnati in un serrato confronto che anticipa la proposta di un comitato referendario.
Il no dell’esponente PD Giuseppe Meloni – non allineato con il progetto di legge e schierato con l’opposizione – ha generato un allarme. Nell’aula della Commissione Riforme il passaggio delicato è passato con un solo voto di scarto, e non ha impedito ai sindaci di tante province della Sardegna di incontrarsi al Teatro Eliseo di Nuoro per un dibattito molto acceso contro un disegno che spopola l’entroterra e depaupera il Nord. Nell’incontro pubblico – ospitato dalla sala congressi dell’algherese hotel Carlos V – alcuni esponenti politici dell’opposizione hanno denunciato le omissioni, le contraddizioni ed i falsi parametri che apparentemente coinvolgono solo Cagliari, e che sono tanti pretesti per apparecchiare una tavola imbandita con un solo invitato.
Ma andiamo con ordine.
In questo viaggio alla ricerca di una verità credibile sulle ragioni che escludono Sassari ed il suo comprensorio dal banchetto di 890 milioni, stanziati dalla Commissione Europea nel periodo 2014-2020, scopriamo molte interessanti contraddizioni che palesano una spietata ragione politica di potere e denaro prevalere sul buon senso.
Ci accompagna nel cammino di questo epocale passaggio di architettura regionale un importante protagonista dell’area moderata: il sindaco di Castelsardo ed ex consigliere regionale Franco Cuccureddu.
“Nel 1354 Pietro d’Aragona aveva già individuato le due circoscrizioni di Sassari e Logudoro e Cagliari e Gallura” ci spiega, ricordando che il bipolarismo si è conservato nei secoli con naturalezza.
Nel 1847 nascono le due province di Cagliari e Sassari, prima che Nuoro nel 1929 ed Oristano nel 1974 sottolineassero le ragioni di un entoterra spesso escluso dalle dinamiche produttive e dai servizi. Le altre amministrazioni provinciali di Olbia e Tempio, Ogliastra, Medio Campidano ed il Sulcis di Iglesias e Carbonia hanno vita effimera, presto spazzata dalla riforma costituzionale di questi mesi.
Nel 2005 l’Unione Europea riconosce la possibilità di due aree metropolitane per la Sardegna con il suo Titolo 5.1 per la Politica delle Aree Urbane: l’individuazione delle complementari realtà in qualche modo è una compensazione alla disomogenea realtà della Sardegna centrale, povera di attrezzature e servizi e condizionata dal modesto sviluppo. Un’area metropolitana che comprende il tribunale e l’antica università, le carceri e la Questura, i parchi naturali e la Camera di Commercio, gli ospedali e gli uffici amministrativi, palesa una geografia non usurpata.
Sassari e Porto Torres con la zona industriale della chimica ed il porto merci e passeggeri, Alghero con il porto e l’aeroporto, la Romangia di Sorso e Sennori, la grande valenza turistica di Stintino e Castelsardo sono l’area geografica individuata per la città metropolitana. Sarebbero oggetto destinato di interventi e finanziamenti per l’ambiente e la viabilità compatibile con il piano urbanistico, l’innovazione nella digitalizzazione, il recupero dei quartieri degradati e dei rioni storici da restituire all’eccellenza, con iniziative culturali e fieristiche di supporto.
Una prospettiva allettante per una regione settentrionale da tempo dilaniata dalla crisi, e con una Gallura ancora in ginocchio dopo l’alluvione.
L’articolo 114 della nostra Costituzione introduce il concetto di Roma Capitale ed altre nove città metropolitane di primaria importanza: Torino, Genova, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio Calabria sono designate dal progetto.
Si attendono i pronunciamenti del Friuli, della Sicilia e della Sardegna.
Qui nasce il caso.
Le nuove realtà sono potenti enti autonomi con statuti e funzioni sancite dalla Costituzione, per principi di sussidiarietà ed adeguatezza. Nella nuova riforma si eleggono un autorevole sindaco metropolitano con un ricco portafoglio, il Consiglio Metropolitano e la Conferenza. Le alternative Unioni dei Comuni spesso sono stampelle per singole ed endemiche debolezze dei piccoli paesi.
Il penoso dibattito di queste settimane vede le cervellotiche formule con i Comuni Medi, che sono disperate resistenze ad una naturale vertenza.
Erriu inizialmente vuole trasformare l’intera Provincia di Cagliari nella nuova area, ma una serie di eccezioni e polemiche lo induce ad una frettolosa retromarcia ed alla formula attuale, che ancora non convince nessuno e genera evidenti vuoti di potere, gravi disfunzioni nel lento addio alle amministrazioni provinciali ed un Nord escluso senza giusta causa. Nessuna legge dello Stato stabilisce parametri per il numero di città metropolitane, il numero degli abitanti e la densità della popolazione. La Sicilia legge astutamente le carte della Legge Del Rio n°56 dell’aprile 2014, e sceglie tre città metropolitane con altrettante sedi di Università statali: Palermo, Catania e Messina.
“Il Governo ha impugnato la ratifica della Regione Sicilia solo per una irregolarità sul voto ponderato ed altre cose” ci racconta Franco Cuccureddu “ma non oppone la minima resistenza sul numero delle aree metropolitane decise dal Consiglio Regionale dell’altra grande isola”.
Ed allora?
La differenza di abitanti tra Cagliari e Sassari è irrisoria, e molto inferiore a quella che separa il capoluogo sardo dalle grandi città europee.
“Non ci sono argomenti convincenti”, spiega il sindaco castellanese.
Solo il dispetto di un assessore che vuole privilegiare Cagliari e gli interessi di bottega e cerca qualche forma di risarcimento per aggirare l’ostacolo e fare trangugiare l’amaro calice ad una regione intera.
Ma la battaglia è appena cominciata. Promette di continuare anche nell’ipotesi di una nuova legge di riforma che rendesse operativa la discriminazione ed accentuasse il gap. Questo è l’ultimo grande treno dei fondi comunitari per un Nord Sardegna che non ama un ruolo suddito e subalterno, ed una zona centrale che vuole sottrarsi all’incubo della disoccupazione e dell’immigrazione.
Ogni pretesto è solo una leggenda, in questo caso metropolitana. Molti sindaci sono già all’opera per fermare il disastro.
Alberto Cocco
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