Abinsula, gli oggetti intelligenti nascono “dall’isola”
La società Abinsula vince la sfida del nuovo mercato con “l’internet delle cose”
Gli ingegneri sono persone precise che sanno dare ai numeri la giusta importanza. Paolo Doz, Stefano Farina, Andrea Maddau, Pierluigi Pinna e Andrea Sanna lo sanno bene e i numeri non possono che dar loro ragione. Tre milioni di euro di fatturato, quarantotto dipendenti, sedi a Sassari, Cagliari e Torino e clienti di grande prestigio, danno la misura di quanto questa società giovanissima possa essere da esempio per quanti credono di dover investire nelle proprie capacità. Nata a marzo del 2012, Abinsula parte da un progetto che, pur proiettandosi nel mercato internazionale, decide di mettere radici nella nostra terra: “dall’isola” – come richiama appunto il nome. «Abbiamo deciso di aprire la nostra sede a Sassari – scherza Andrea Sanna – perché lo abbiamo messo ai voti. Quattro di noi sono nati qui!»
Cinque ragazzi, giovani e preparati, dai 29 ai 42 anni che hanno alle spalle già una carriera di grande esperienza. «Avremmo anche potuto stabilirci all’estero visto che una buona fetta del nostro mercato è internazionale – ci racconta Pierluigi Pinna – ma abbiamo comunque deciso di rimanere nella nostra città.» E sempre Pierluigi spiega come è iniziata l’avventura Abinsula: «Tutti noi eravamo dipendenti in un’azienda di Cagliari. Abbiamo deciso di licenziarci e creare la nostra attività. Con duemila euro a testa abbiamo portato avanti il progetto iniziale. Ogni lavoro ci è servito per finanziare il successivo e permettere di ingrandirci. Recentemente abbiamo anche ricevuto delle ottime proposte d’acquisto ma abbiamo deciso di continuare.»
Nonostante si parli spesso di crisi economica, Abinsula ad oggi ha dato un’opportunità di lavoro a circa cinquanta dipendenti che hanno un’età media che si aggira intorno ai trent’anni. Ma di cosa si occupano? Siamo stati attratti da due termini in particolare: “oggetti intelligenti” e “internet delle cose”. Veniamo a scoprire che attraverso dei microprocessori, qualsiasi oggetto di uso comune può essere dotato di intelligenza ed essere così in grado di interagire con noi o con altri oggetti. Non solo le nostre automobili – attraverso ad esempio sistemi di cosiddetto “infotainment” , informazione e intrattenimento – ma oggetti impensabili come una borsetta, se dotati di un chip e con un’applicazione sul cellulare, sono in grado di darci delle informazioni per evitare le contraffazioni o fornirci un utile sistema antiscippo. Oppure ancora un frigorifero in grado di avvertirci se i cibi stanno per arrivare a scadenza.
Abinsula ha inoltre acquisito altre due società: “Lifely” e “Abissi”.
«Come Abinsula portiamo la tecnologia, come Lifely diamo il linguaggio» ci chiarisce Andrea Sanna. Un linguaggio che permette ad esempio al vaso della vostra pianta di interagire tramite i social network. Immaginate di entrare su Twitter e leggere: «Hai dimenticato qualcosa stamattina?». E’ la vostra pianta che si lamenta per non essere stata innaffiata.
Attraverso “Abissi” invece si cura la parte delicatissima riservata alla sicurezza. «È un ambito nel quale soprattutto i governi stanno investendo molto, proprio perché è facile utilizzare l’informatica per essere attaccati. – continua Sanna – Tutti noi ci fidiamo degli oggetti, ma immaginate che il vostro cellulare venga hackerato. Se la vostra auto è connessa diventerà anch’essa aggredibile. In un lavoro fatto con la Brigata Sassari, abbiamo ipotizzato cosa accadrebbe se qualcuno volesse far esplodere un ordigno cercando di far convogliare più persone in un determinato punto. Basterebbe che il navigatore delle auto consigliasse un percorso piuttosto che un altro. Ecco perché noi simuliamo attacchi informatici in modo da testare al meglio la sicurezza.»
Un lavoro delicato e in espansione che ha portato Abinsula in Russia, Giappone, Australia e Argentina. Riunioni alle cinque del mattino, viaggi continui, nuove sfide, ma sempre partendo “dall’isola”.
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