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Gli occhi del clown
Vladi Rossi regala alla Sardegna un inverno di poesia
“Gli occhi non mentono!” Si dice così quando, pur non conoscendo bene una persona, sentiamo nel profondo di averla compresa. Non importano le parole che pronuncia, basta uno sguardo a donarci più di tutto ciò che un discorso potrebbe spiegare. In genere gli sguardi più belli sono quelli dei bambini. Perché non si nascondono; perché non temono di far trasparire ogni emozione.
Vladi Rossi non è più un bambino, è uno dei maggiori clown italiani ancora in attività, ma i suoi occhi non sono cresciuti.
Lo incontriamo dietro le quinte dello spettacolo circense con cui sta percorrendo la Sardegna da Nord a Sud, da Sassari a Cagliari. Lo vediamo dismettere i panni del clown ridente, abbandonare le enormi scarpe, la parrucca, il trucco, salutare gli artisti e muoversi con leggerezza tra i fili e i cavi del grande tendone. “In un circo non si fa solo il proprio numero! Smontiamo, trasportiamo… Siamo tutti uguali!” Ci fa strada sorridendo nel piccolo dedalo di roulotte che forma la perenne città senza terra del circo. Una città che per Vladi Rossi, classe 1947, nato in una famiglia che annovera circensi fin dal 1700, ha avuto come sfondo l’intera Europa.
Sei nato nel circo e nel circo hai vissuto tutta la vita. Quando hai iniziato ad esibirti?
Praticamente da subito. A sei anni io e mio fratello avevamo già un numero: lui era un equilibrista e io mi occupavo della parte comica. A dodici anni ho iniziato ad esibirmi nei circhi maggiori. Per me era tutto un gioco.
In questo momento stai facendo il clown di serata?
Sì, è abbastanza complesso fare il clown di serata. Durante lo spettacolo devi essere una specie di collante tra le varie esibizioni. Devi catturare l’attenzione del pubblico e stare attento a non disturbare gli altri mentre montano gli attrezzi.
Tu incarni il clown classico: quello col naso rosso, che piange fiotti d’acqua, che cade. Il pubblico ama sempre questo personaggio?
Noi lavoriamo ancora per i bambini. Certamente anche loro sono cambiati nel corso del tempo. Negli anni ’60 e ’70 bastava che arrivassimo in una qualsiasi città e ci ritrovavamo un sacco di ragazzini entusiasti che ci aiutavano addirittura a trasportare le nostre cose. Adesso è sempre più difficile riuscire a fare presa. La tecnologia li ha un po’ allontanati – non dico dal circo – ma dalla poesia della vita che scorre. Vivono più chiusi, insieme al loro cellulare o al loro videogame. Ma noi perseveriamo. Il clown appartiene ai bimbi. Guardo sempre quelli seduti nelle prime file, a ridosso della pista. Spesso sono piccoli. Devi cercare di capire quali siano quelli più curiosi e disposti ad interagire o quelli un po’ più timidi. In questo caso cerchi di sorridergli ma di non coinvolgerli eccessivamente per non spaventarli.
Dal 1959 ti esibisci nei maggiori circhi. Se tua figlia Yasmine, che ora ha poco più di un anno, volesse continuare la tradizione di famiglia, saresti felice?
Non lo so! E’ una vita dura e ora rispetto al passato si è aggiunta anche la crisi economica. In questo lavoro affronti qualsiasi cosa. Non stai mai fermo. Se lo ami è in grado restituirti altrettanto amore… però devi amarlo proprio tanto! A volte penso a mia moglie Najoua che ha abbandonato tutto per seguirmi nel circo – si commuove Vladi e mentre si commuove non smette di sorridere – è una gran donna!
Vladi, la tua carriera è lunga una vita e ancora continua. Ci regali qualche ricordo?
Sarebbero tantissimi! A Parigi nel ’73 eravamo quattro gruppi di clown: la competizione era grande ma fu una soddisfazione immensa. Oppure quando con mio fratello giravamo col nostro spettacolo teatrale: un’ora e mezza senza mai scendere dal palco. Una volta a Torino mi esibivo al circo, ci venne a vedere Bruno Gambarotta. Nessuno sapeva che fosse tra il pubblico e il giorno dopo su “La Stampa” leggemmo un bellissimo articolo che conservo con affetto.
Vorremmo perderci ancora tra i ritagli e le foto che Vladi ci mostra con tenerezza ma lo spettacolo serale chiama. Bisogna ancora una volta indossare il costume, lasciarsi trasportare dall’applauso, fermare il tempo e regalare tutta la poesia, l’emozione e il sorriso che solamente un clown può dare.
E Vladi Rossi è IL clown… per tutta la vita!
Francesca Arca
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