

La crociata guidata dal docente di linguistica dell’Università del capoluogo
Il docente di Linguistica dell’Università di Cagliari Massimo Arcangeli è stato al centro di non poche polemiche a seguito della pubblicazione di una petizione lanciata da lui stesso sulla piattaforma Change.org. Oggetto di interesse è la “ə” (schwa in tedesco o scevà in italiano), lettera derivante dalla lingua ebraica utilizzata nell’alfabeto fonetico internazionale, caratteristica di lingue tra cui l’inglese ma anche quella napoletana e altri dialetti italiani meridionali.
L’iniziativa boccia l’utilizzo della vocale per i plurali inclusivi di ogni genere sessuale sia nei sostantivi che negli articoli determinativi (ad esempio quando ci si rivolge ad un gruppo composto da persone di diversi generi). Sui social e nell’opinione pubblica si è scatenata una diatriba tra i fautori di chi ritiene che la petizione sia impregnata di un atteggiamento legato al conservatorismo, evidenziando la necessità di rendere la lingua italiana più inclusiva e l’inevitabile evoluzione che ogni lingua è destinata ad affrontare, e quelli che vedono nella scevà il nemico giurato del panorama culturale dell’italiano.
Nonostante ciò, la petizione è già stata sottoscritta da decine di intellettuali di spicco del panorama culturale italiano sull’utilizzo della “ə” e attualmente conta più di 17.000 firmatari, tra cui Massimo Cacciari, Paolo Flores D’Arcais, Edith Bruck, Alessandro Barbero e Francesco Sabatini.


Nel testo della petizione si legge:
«Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa. I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche.»
Continuando a leggere si nota come il docente accusi i sostenitori dello scevà di non essere mossi da reali richieste di cambiamento o inclusività, ma che al contrario si tratti di perbenismo e di seguire una moda che andrebbe a intaccare anni di evoluzione linguistica e culturale. Insomma, il cosiddetto “politicamente corretto” spaventa ancora una volta la persone più conservatrici che si dichiarano paladine della protezione della lingua italiana.
Una sola cosa è certa: se lo scevà troverà il suo posto nella nostra lingua o se invece verrà rifiutato solo il tempo saprà dircelo, non una petizione su Change.org.