La versione di Becciu: “Ecco cosa mi disse il Papa nel nostro colloquio”
Un trionfale tour teatrale ed una fiction televisiva per Luca Zingaretti
Il Commissario Montalbano ha fatto la valigia. Era stufo di Vigata e delle mangiate di polpi in trattoria, delle telefonate di Mimì Augello e delle angherìe del Questore Bonetti-Alderighi. L’impulsivo Salvo intendeva liberarsi delle scenate di gelosia della fidanzata Lidia e delle mille parole storpiate dal fedele agente Catarella. Non riusciva più a sopportare i modi ruvidi del medico legale – il burbero e sibilante dottor Pasquano – e le untuose premure del Capo di Gabinetto Lattes, tra un inseguimento notturno ed un indizio illuminante. Ha scelto una nuova isola di rara bellezza: la Sardegna. Scherzi a parte, la naturale identificazione dell’immaginario collettivo con il popolare viso di Luca Zingaretti è ormai impressionante. Sarà magari per questo che recentemente – dopo l’impressionante successo nelle vesti del leggendario personaggio creato da Andrea Camilleri – il bravissimo attore romano ha adottato recentemente un ruolo ingrato ed alternativo per il fortunato ritorno alla fiction televisiva della RAI.
“Il Giudice meschino” è stata una mini-serie ricavata dal bel romanzo di Mimmo Cangemi, che racconta l’immaginaria vicenda del pubblico ministero di Reggio Calabria Alberto Lenzi. E’ la storia di un magistrato disilluso e rassegnato dal potere tentacolare della ‘ndrangheta, che si scuote dal torpore soltanto dopo la morte di un suo collega ed amico, impegnato in un delicato filone di indagine legato allo smaltimento illecito dei rifiuti tossici destinati alla Germania. Questa stagione ha sancito il trionfale tour italiano del drammatico “La Torre d’avorio”, del quale Luca ha curato la regia, dividendo il palco con un mostro sacro del teatro come Massimo De Francovich. L’opera di Ronald Harwood – con la sapiente riscrittura italiana di Masolino D’Amico – rievoca i drammatici giorni della BERLINO del 1946, con le truppe alleate impegnate a stanare gli alleati del nazismo.
In questa caccia alle streghe è coinvolto anche l’ascetico e sublime direttore d’orchestra Wilhelm Furtwrangler, uomo impenetrabile e controverso, semplicemente impegnato a difendere l’inestimabile patrimonio della musica tedesca di Beethoven e Brahms anche negli anni del folle ed antisemita totalitarismo di Adolf Hitler. La storia di questo aspro interrogatorio – ricco di ombre e sospetti – è la chiave di lettura del vigoroso copione, che chiama i due primattori ad un impegno recitativo davvero notevole nei concitati dialoghi del processo. Luca Zingaretti interpreta il personaggio dello spietato accusatore del maestro, che non riesce ad assicurare alla giustizia americana un verdetto inequivocabile di colpevolezza e collaborazionismo. Le ambigue contraddizioni dell’illustre musicista e compositore disegnano un cono d’ombra affascinante ed enigmatico alla scena. Questo titolo ha avuto un riscontro eccellente nei teatri italiani: siamo vicini alle duecento repliche, prima della fine di una tournée massacrante. La Sardegna ha accolto Luca Zingaretti, la sua giovane e valente compagnia e lo spettacolo con indicibile affetto ed il sold out al botteghino dei teatri di Cagliari e Sassari, nelle date del circuito CEDAC. La compagnia si è concessa un incontro pubblico con gli ammiratori ed i curiosi, gli spettatori e gli addetti ai lavori nella bella sala cagliaritana del Cinema Odissea di Viale Trieste, a Cagliari.
L’intervista
Il passaggio dal ruolo televisivo del Commissario Montalbano al teatro impegnato è notevole. Quali sono i principali mutamenti?
Prima di tutto vorrei precisare una cosa, se mi permettete: il successo di Montalbano è un evento straordinario. La normalità è un favorevole riscontro della gente per un anno. Ma quindici anni di amore incondizionato e di share d’ascolto da record è qualcosa che mi lascia senza parole e risposte. Le bellissime storie di Camilleri sono un segreto vincente, è chiaro. Ma credo che un altro ingrediente essenziale della ricetta sia l’impagabile entusiasmo della troupe di lavoro – gli sceneggiatori ed il regista, gli attori ed i tecnici – che vivono un senso eccitante di precarietà, sempre rinviando la firma dei contratti a lunga scadenza. Così si rinnova il piacere di una nuova sfida, perché la libertà di un attore è ancora più importante della sua sete di guadagno.
Ci dici qualcosa delle tue scelte di regista di questo spettacolo?
Ho cercato un testo di grande spessore drammatico e grande impegno civile. Volevo ritornare al teatro con un lavoro importante e molto coinvolgente, di grande impatto emotivo e capace di offrire al pubblico molte sfumature psicologiche dei suoi personaggi.
Per disegnare la figura del leggendario ed autorevole direttore tedesco ho subito pensato ad un attore straordinario come Massimo De Francovich. Il palcoscenico è come una cena: non devi sbagliare la chimica dei sapori opposti. Ho studiato a lungo il casting, prima di indirizzarmi su questi giovani e bravissimi attori. Volevo una chimica perfetta, ed ho la certezza di avere conseguito questo traguardo.
E’ buffo il fatto che in questa piéce l’uomo che dovrebbe risolvere il caso si arrenda, e non trovi le risposte?
Sì, è divertente. Ho pensato anche io a questa cosa, per quanto non sia inseguito dal fantasma di Salvo Montalbano nel mio impegno teatrale. Mi è molto piaciuta l’idea che nella contrapposizione tra Furtwrangler ed il suo accusatore ognuno dei duellanti palesi una propria ragione condivisibile, e si richiami al principio di responsabilità del ruolo. Il discorso in questo senso è essenziale, ed erode certe stupide certezze di una visione monolitica e riduttiva della realtà.
Che tipo di regista sei, Luca?
(rispondono i giovani colleghi, ed è un divertentissimo happening: lo accusano di essere un pignolo ed un duce, un rottweiler pronto ad azzannare ed un dispotico cesellatore del particolare apparentemente insignificante. Ma poi emerge la vera cifra umana di Zingaretti: affettuoso e premuroso, dolce e ricco di fantasia, rispettoso dell’attore e delle sue fragilità. Si respira la grande armonia del gruppo.)
Quando torni al cinema?
Sono già tornato. E’ appena uscito un film del regista milanese Longoni, dedicato al tema del tradimento in tutte le sue accezioni: seriale, incosciente ed infantile, estemporaneo e gravido di sensi di colpa.
Che ricordo porti delle giornate trascorse in Sardegna?
Adoro questa terra. Adesso penserete che io rilasci le stesse dichiarazioni in ogni città che ospita la mia esibizione: ma vi giuro che non è così! E’ bello girare Alghero, vedere questi pazzi scatenati che fanno il bagno a Stintino in pieno inverno, filmare la scena e potere estorcere una prova di ricatto. Cagliari è veramente splendida: una città ideale per vivere. La qualità della sua vita e la vivacità culturale si respirano immediatamente.
Alberto Cocco
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