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Si chiamava Giuseppe Belvedere ma lo conoscevano tutti come “Monsieur Pigeon”. Abitava nel quartiere del Beaubourg, a Parigi, dove svetta il moderno “Centre Pompidou” con la sua struttura reticolare e le tubazioni colorate.
In una fredda notte di gennaio è stato ritrovato morto nel furgone che divideva con i suoi amati piccioni che curava, nutriva, capiva. Originario della Calabria si era trasferito a Parigi negli anni ’70. Una carriera come commercialista, forse in banca, poi il fallimento e i problemi economici. Con il tempo non gli resta più nulla. Neanche la macchina ormai vecchia. Un furgone bianco diventerà la sua casa.
Un uomo distinto, affascinante, sensibile che fino al 2010 vestiva in giacca e cravatta. Ma quel corpo, forse per l’età, le condizioni di vita sempre più dure, le malattie, le continue violente aggressioni aveva incominciato a piegarsi. Lui si muoveva comunque per la città con il suo carretto pieno di buste e dava da mangiare ai suoi piccioni, parlava con la gente, si lasciava fotografare e filmare.
Era diventato quasi un’istituzione a Parigi. Raccoglieva l’avversione dei commercianti e degli abitanti del Beaubourg che consideravano lui e il suo furgone un ricettacolo di sporcizia. La sua vita era quella, la sua forza erano anche quelle poche persone che manifestavano solidarietà e affetto occupandosi dei piccioni quando lui non poteva.
Su Facebook sono nate diverse pagine in suo onore; tutte raccolgono la sua storia singolare e catturano il suo sguardo vivace e profondo. La sua barba bianca e i capelli lunghi, la sua estrema e a volte brutale sincerità, la saggezza dovuta alla dura vita in strada e alla disillusione e quell’amore smisurato per i piccioni, soli come lui.
Se n’è andato a 76 anni con le spalle curve per i dolori vissuti. Probabilmente resterà tra i ricordi dei Parigini come un bizzarro fotogramma, come la statua di Dalidà e del “Passe – Muraille” a Montmartre.
Probabilmente, quando apparirà un nugolo di piccioni famelici, sembrerà ancora di rivederlo, coperto di piume e, nonostante tutto, felice con i suoi simili. La sua ombra scivolerà sull’asfalto lucido di pioggia accompagnata da uno sbattere di ali. Sarà il moderno Don Chisciotte che si è fermato a riposare, certo che la sua eredità verrà raccolta da qualche anima pietosa. Lui che aveva smesso di credere negli uomini. Diceva “sono tutti cattivi”.
Protagonista di numerosi documentari (uno di questi girato da Antonio Prata), si era raccontato senza maschere, nella sua estrema semplicità. “Sono stato cacciato dal mio appartamento nel 2010 nonostante un certificato medico attestasse la mia cattiva salute. Quando ero ben vestito e facoltoso la gente parlava con me, mi salutava, mi teneva in grande considerazione. Una volta finito sulla strada ho visto quella stessa gente togliermi il saluto. La vita in strada mi ha insegnato a conoscere la gente, il loro comportamento ipocrita e di convenienza. Ho capito molte cose, ho capito di essere solo ed ero consapevole di poter morire in strada perché la mia salute stava peggiorando giorno dopo giorno”.
Il suo è stato un modo di vivere coerente con le sue idee di libertà, integrità e coraggio.
I pochi soldi rimasti servivano solo ed esclusivamente per curare i suoi amati animali, senza pretendere altro, rifiutando anche un appartamento che gli era stato concesso, ma che l’avrebbe portato lontano dalla sua piazza e dalla sua vita al servizio dei piccioni.
Diceva sempre con un sorriso beffardo: “Meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora”.
I piccioni erano per lui una boccata d’ossigeno, una manciata di natura che entrava in città. Prendersi cura di loro era un atto di giustizia, un dovere, perché non si possono difendere e sono vittime, anche loro, di atti di violenza gratuita.
“Ho sacrificato la mia vita e la mia famiglia per non permettere alle ingiustizie di vincere. Gli uccelli sono animali nobili perché volano e l’uomo non può farlo, li invidia…per questo li uccide. Bisogna rispettare la vita, in ogni sua forma. I piccioni sono l’espressione più bella della natura. Sono libertà e la libertà ormai non esiste più. Lo scopo della mia vita è quello di eliminare la violenza da questo pianeta. Tutti i padri di questo mondo dovrebbero educare i propri figli nel seguire questo messaggio”.
Giuseppe ha dedicato i suoi ultimi anni ad un progetto di vita, ad un sogno che ha portato avanti nonostante tutto. Il suo spazio mentale si è espanso fino a raggiungere un livello di consapevolezza lucido e raro dando la possibilità al suo corpo ormai debilitato di diventare un simbolo di libertà e non-violenza. Il suo cammino si è interrotto ma il suo esempio non sarà dimenticato.
Fonte immagini:
https://www.rsi.ch/news/mondo/Muore-langelo-dei-piccioni-15015216.html
https://www.unionesarda.it/news/mondo/parigi-addio-al-clochard-italiano-amico-dei-piccioni-vim2n1wn