Serie C – Torres, parla Mercadante: “Fame per i playoff, il girone si poteva vincere”

© riproduzione riservata
foto Ernesto Casareto
U finale; cognome inequivocabilmente sardo per una violinista dal talento riconosciuto in tutto il mondo. No, spiacenti di deludere il vostro orgoglio nuragico, ma Anna, sarda lo è per linea materna. Evidentemente quella finale è tipica anche dei cognomi rumeni. Ha imbracciato ¼ di violino e impugnato l’altrettanto ridotto archetto a 6 anni, ora a soli 32 gira il mondo a riscuotere successi e ritirare premi
Ad instradarla, magari solo per gioco, c’è stato suo padre, a scoprirne il talento sempre lui che violinista lo è di professione. Ma a tenere il mento fisso sulla mentoniera senza mai cedere alla fatica c’è stata e c’è lei: Anna.
Il primo riconoscimento è arrivato a 8 anni. Mamma Magi doveva aver esposto il trofeo su un centrino all’uncinetto, al centro del tavolino in salotto, immaginando di ritrovarlo negli anni in compagnia di posacenere e vasi di fiori. Invece Anna a 12 anni si esibisce alla Scala e il tavolino finisce presto stracolmo di premi internazionali.
Anna è nella sua Cagliari quando riceve la nostra chiamata. Risponde con la leggerezza di chi non sente il peso di essere la violinista italiana più conosciuta al mondo e con cordialità iniziamo a chiacchierare.
“Anna è uno dei talenti più straordinari che mi sia capitato d’incontrare” Salvatore Accardo
Sappiamo che sei sarda di madre e rumena di padre; dove sei nata?
Sono nata a Cagliari.
Ti senti sarda?
Mi sento una sarda doc! Attualmente vivo a Milano, il lavoro mi porta in tutto il mondo, ma appena posso torno a Cagliari dalla mia famiglia e dal mio gattino Rocco:) D’estate poi, rimango fedele al mare sardo.
Sei stata definita una enfant prodige, come ti ritrovi in questa definizione?
Ho iniziato a studiare a 6 anni, ho mostrato fin da subito capacità di apprendimento fuori dal comune ed ho vinto il primo concorso a 8; quell’etichetta è stata inevitabile, ma non mi ha mai pesato. L’enfant prodige tende a bruciare le tappe; il rischio è di perdere per strada talenti; il mio è stato un percorso ponderato ed equilibrato, sono sempre stata seguita e consigliata al meglio.
A cosa hai rinunciato per essere Anna Tifu?
Da bambina suonare in pubblico era come giocare con le amiche, non mi sono mai sentita diversa da loro. Il lavoro di oggi richiede impegno costante, chi fa il mio mestiere lo sa: se tradisci il tuo strumento lui tradisce te. Sono sempre riuscita però a conciliare la vita di musicista con quella di ragazza assolutamente normale. Le esperienze al di fuori della musica sono imprescindibili: ti formano come persona e influenzano il tuo modo di suonare e di comunicare al pubblico le tue emozioni.
Oltre alla tua caparbietà a chi devi il tuo successo?
In primis a mio padre con il quale ho cominciato a studiare e con il quale ancora oggi mi confronto, ad insegnati come Salvatore Accardo, con il quale ho studiato per 10 anni. A 17 poi ho avuto la fortuna di essere ammessa al Curtis Institute di Philadelphia; lì il livello era veramente altissimo ed il confronto con i colleghi mi ha obbligato a miglioramenti personali e professionali.
Rappresenti il volto nuovo della musica classica: senti la responsabilità di questo ruolo?
Assolutamente sì! Più cresci più aumentano aspettative e così la responsabilità verso chi ti ascolta.
Nel pop siamo abituati ad associare gli artisti alla loro immagine, nel tuo campo è una novità. Sei indiscutibilmente bella Anna e nelle foto glamour, sempre accompagnata dal tuo violino, sei davvero uno schianto: la bellezza aiuta o paradossalmente può essere d’ostacolo?
In teoria la bellezza dovrebbe essere una dote in più, ma spesso è un’arma a doppio taglio. In questo mestiere non si può imbrogliare, sali sul palco con il tuo strumento e devi dimostrare di essere all’altezza; nonostante ciò i pregiudizi esistono e condizionano e per questo ho ricevuto critiche per qualche foto ritenuta troppo “glamour”.Non si può piacere a tutti, l’importante è essere a posto con la propria coscienza ed io sono orgogliosa di non essere mai scesa a compromessi.
Noi comuni mortali se ci immaginiamo piloti guidiamo una Ferrari e se suoniamo un violino sarà uno Stradivari… Per te cosa significa Stradivari?
La risposta sta già nella domanda…! Da due anni ho la fortuna di suonare su questo meraviglioso strumento gentilmente concessomi dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
È stato feeling immediato; ha una qualità e una potenza di suono pazzeschi, si adatta ad ogni tipo di repertorio.
Dopo anni di duro studio dello strumento quanto tempo al giorno dedichi oggi al violino?
Più della quantità, nello studio è importante la qualità. Sono pignola ed esigente, per questo non posso mantenere la concentrazione per più di 3/4 ore al giorno.
Violino e i più grandi teatri del mondo a parte, hai altre passioni?
Mangiare sushi e guardare film horror fino a tarda notte. Per questo non sempre trovo compagnia, in compenso ho carissime amiche con le quali passare il resto del tempo libero.
Cosa suona nella tua playlist in macchina, o nelle tue orecchie se vai a correre per esempio?
Tutto fuorché musica classica. Quando viaggio ho bisogno di staccare; ascolto tutti i generi musicali e sono una super fan dei Muse e di Elisa.
Spesso i riflettori mostrano al pubblico solo un aspetto del carattere di un artista; c’è qualcosa di te che vorresti mettere maggiormente in luce?
Sono umile ed estremamente timida, posso passare quindi per fredda e distaccata, ma non è assolutamente cosi.
Se volessi stupire i nostri lettori, cosa faresti loro sapere di te?
Che nonostante la mia intensa attività concertistica ho ancora una paura matta di salire sul palco!

«APRITE LE ORECCHIE, ASCOLTATE CHIUNQUE SUONARE UNA PAGINA VIOLINISTICA E POI LA STESSA SGRANATA DAL VIOLINO DI ANNA TIFU. SENTITA LA DIFFERENZA? EBBENE: IL CONFINE CON “QUELLA” DIFFERENZA È L’UNICO CHE SI DEVE SEMPRE CERCARE DI SUPERARE, NON RIUSCENDOCI MAI»
MICHELE DALL’ONGARO
PRESIDENTE ACCADEMIA NAZIONALE DI SANTA CECILIA