
Chi capisce di calcio non ha alcun dubbio: la coppia di attaccanti più forte della storia della Torres è stata Canessa – Gasbarra. Ad inizio anni 80 in serie D e C
Quando segnare era difficile, anche in quelle categorie, dove specie in trasferta spesso a marcare le punte non erano semplici terzini o stopper, ma autentici aguzzini che ricorrevano ad ogni mezzo (lecito ed illecito) per mandare in bianco il loro avversario.
Le marcature erano rigidamente a uomo, in area nessuno spazio, ma trattenute e colpi proibiti. Non a caso chi vinceva la classifica dei cannonieri raramente superava le 20 marcature. In quelli che erano autentici campi di battaglia, dove il rosso veniva estratto dall’arbitro solo per entrate omicida (quando andava bene). In quel clima rovente Canessa e Gasbarra diedero il meglio di se stessi. Ioris Gasbarra, classe 56, ex insegnante, nato a Giulianello, provincia di Latina, era un centravanti possente e dinamico, con buoni doti tecniche e gran colpo di testa. Un giocatore che non conosceva la paura, che faceva salire la squadra e che prendeva (e dava) un sacco di botte. Si fece le ossa nei campi polverosi laziali ed abruzzesi, come Cisterna, Velletri e Avezzano. In amichevole, prima di venire in Sardegna, fece gol sia alla Lazio di Maestrelli che alla Roma di Liedholm.
Nel 1980 venne a Sassari, caldeggiato da Vanni Sanna. Qua trovò il suo gemello Beppe Canessa, classe 1955, algherese purosangue, ora guardia giurata. Un ala sinistra veloce e potente. Con un’arma micidiale: un sinistro terrificante, da fermo e in corsa. Che lo resero celebre in tutti i campi di calcio sardi e d’Italia, in cui si paragonava la potenza del suo tiro a quella di un certo Gigi Riva. “Ma a volte segnavo di destro – precisa l’ex bomber catalano -. Anche se col sinistro ovviamente andavo a nozze. Mi piaceva molto il pallone Tango dell’Adidas. Non era tanto grande e pesava il giusto. Inoltre assorbiva tutta la potenza, ma dovevi calciare forte, per evitare brutte figure. Io – precisa –dal magazziniere della Torres Cuscuzzu me ne facevo lasciare due per la partita della domenica. D’accordo con i compagni”. Tra i quali Joris Gasbarra.”

Con Ioris siamo andati subito d’accordo. In campo e fuori – dice Canessa –. Lui aveva un coraggio da leone e non toglieva mai la gamba. Era anche un gran colpitore di testa e ci cercavamo molto. Con Gasbarra ho disputato due grandi stagioni : 80-81 e 81-82. Tante reti, una promozione in serie C, compagni straordinari, come Demarcus, Rotili, Palmisano e Farina, ma anche tutti gli altri, nessuno escluso. Io dal 1978 al 1984 in rossoblù feci 64 reti, il terzo capocannoniere di sempre della Torres, dopo Mastinu e Lepri. Con Gasbarra però avevo un affiatamento particolare.
Poi – conclude – Joris venne ceduto all’Olbia”.

Ancora un cruccio per Ioris Gasbarra. “Non me lo aspettavo – ribatte Gasbarra -. Nella Torres stavo benissimo, avevo un gran rapporto con squadra e tifosi, ma la dirigenza mi passò all’Olbia per necessità di cassa. Tuttavia anche nei bianchi feci molte reti e ci assicurammo il passaggio in serie C. Quell’anno – continua – rifiutai il passaggio all’Akragas, squadra di Agrigento che militava in serie C. Avevo già conosciuto a Porto Torres Erika, che sarebbe diventata mia moglie. Certo rimpiangevo i tempi con Canessa all’attacco. Con Beppe ci integravano a vicenda: io giocavo più centrale, mentre lui si inseriva spesso da sinistra, per scatenare il suo tiro mancino: davvero formidabile.
In partita – racconta divertito l’ex bomber – la prima punizione la scaricava direttamente sulla barriera. Alla seconda gli avversari si spostavano. Sì, furono begli anni. Tanti gol e tanti ricordi. Nella mia carriera – conclude – solo negli anni laziali ho avuto un’intesa come quella con Beppe Canessa: con un certo Ciccio Marescalco, un attaccante, e non lo dico solo io, che oggi avrebbe giocato tranquillamente in serie superiori”.

Inevitabili quindi i paragoni del calcio odierno con quello del passato.
“Dicono che il calcio moderno sia più veloce – afferma Beppe Canessa – ma io nelle difese vedo marcature che definire allegre è un eufemismo. Non ci sono più i difensori di una volta. E permettetemi, nemmeno gli attaccanti. E poi con questi palloni leggerissimi avrei tirato anche da 40 metri”.
Non si discosta dal suo pensiero Joris Gasbarra.
“Io subivo marcature feroci, altro che marcature a zona come quelle attuali – precisa -. Mi ricordo ad esempio quella che mi fece Gariazzo a Quartu. A fine partita e ancora adesso mi porto i segni dei sui tacchetti nei polpacci. Dopo quella partita iniziai ad usare due parastinchi per gamba: uno per la tibia e uno dietro. Quello era il clima – puntualizza Gasbarra-. Per cui le tante reti che segnammo nella Torres con Canessa oggi forse varrebbero il doppio”.
Tesi condivisa dagli addetti ai lavori e dai tifosi torresini, che a distanza di 40 anni ricordano con nostalgia la coppia del gol che li fece maggiormente sognare. Una coppia, non è una bestemmia scriverlo, che oggi non avrebbe sfigurato in serie A.
