di Emanuele Floris
Per i Tazenda il tempo della Creazione non ha limiti. Nove anni dopo l’ultimo album, e trentasei mesi di lavoro, esce, a marzo 2021, la nuova fatica – ventesima partorita in studio – della band etno-rock sarda: Antìstasis (“Resistenza” in greco). Abbiamo incontrato il trio – i due fondatori Gigi Camedda e Gino Marielli insieme a Nicola Nite, lead singer dal 2013 – per parlare di scrittura musicale, ritorno al live, Dio e Mogol.
Il vostro vissuto sostanzia le undici tracce di “Antìstasis”. Come condividerlo e sublimarlo nella forma canzone?
GINO – Quando si crea bisogna pensare di non essere da soli. Stiamo sempre parlando per gli altri. E anche se il brano nasce dalla condivisione di sé poi si evolve, come nel mio caso, intrecciando le esperienze di tutti. Ma niente biografie, la canzone è come un sogno, libera di lasciare l’io per diventare un flusso di coscienza.
Nove anni per amalgamare gli inediti contenuti nell’album. Un tempo inusuale per i ritmi produttivi di oggi.
NICOLA – Non ci siamo dati una scadenza. Abbiamo aspettato che maturassero i tempi giusti. Appena raccolto il materiale che ci piaceva di più abbiamo messo tutto dentro il disco in un paio d’anni.
A proposito di gestazione creativa. Nick Cave ha dichiarato che ormai compone con orari d’ufficio – dalle 9 alle 17. E voi?
GIGI- Anche. Le trasgressioni non devono essere negli orari di lavoro. Impensabile oggi entrare in studio all’una di notte per uscirne alle sette. Questi sono miti giovanili, roba da anni ’70.
GINO – Ho scritto le prime canzoni della mia carriera alle quattro del mattino mentre ero in giro a bighellonare e alle otto di sicuro non ero sveglio. Poi vai avanti, fai dei figli, li porti all’asilo e cominci a lavorare alle nove.
GIGI- Ma c’è sempre chi predilige gli orari notturni. A Nicola piace, ad esempio. Andrea (Parodi, primo cantante del gruppo, scomparso nel 2006) ce lo chiedeva quasi in ginocchio: “Non lasciatemi da solo. Ho bisogno di cantare di notte.” E così si facevano le tre del mattino.
Avete ripreso a suonare dal vivo dopo il lungo stop pandemico. Che pubblico state ritrovando?
GINO – Il nostro, che ci segue sempre, e uno nuovo. È diversa la dinamica fisica, ci stiamo ancora abituando, noi a loro e loro a noi.
GIGI – Il pubblico è cambiato. Il nostro era abituato a saltare e ballare, perché noi lo portavamo a questo già dopo venti minuti. Ora non si può più farlo per il numero ridotto di spettatori. Il nostro settore è stato martoriato più degli altri. Quasi ucciso.
Fate ancora un pensierino al festival di Sanremo?
NICOLA – Non siamo molto interessati. (ride) E’ un nostro vecchio desiderio e credo che, prima o poi, ci ritorneremo.
GINO- Sarebbe un peccato, dopo due partecipazioni, non farne anche una terza.
Avete collaborato coi maggiori artisti del paese e non. Chi vi manca?
GIGI – Dio. Mi piacerebbe proprio farci un duetto. Dicono che canti bene. Se non fosse disponibile, va bene anche Peter Gabriel. Nicola invece avrebbe tanto voluto collaborare con Lucio Dalla ma non può più farlo. Si dovrà accontentare.
Vi si racconta come opposti nelle preferenze musicali così come nella metodologia compositiva. Gino, ad esempio, sarebbe quello della sperimentazione selvaggia.
GINO – In effetti esco spesso fuori tema. Ho una visione complessa e difficile da comunicare. Davanti alle mie proposte Gigi e Nicola reagiscono con un “Cosa stiamo facendo? Ricordiamoci che siamo i Tazenda.” Ma ognuno nutre le sue preferenze. Gigi ha la fissa dell’elettronica e la fobia del non essere moderno. Nicola vuole tutto preciso, una bella mappazza pop, alla Bryan Adams. Forse per questo ci abbiamo messo nove anni per il disco. È come in chimica: quando entra un elemento nuovo il sistema si adatta o scoppia. Noi l’abbiamo fatto adattare.
GIGI – Per me la produzione è fondamentale. Sono portato per natura ad arrangiare i brani. Lo strumento mi serve come veicolo, transizione e ponte verso altro. Per questo suono tutto, batteria, basso, ecc. Insomma, non mi faccio mai i c…i miei.
NICOLA – Mi sono sempre trovato in quel range che va dai cantautori al rock all’heavy-metal, che è un mondo abbastanza quadrato. Mi posso trovare fuori, certo- dobbiamo avere attitudini a 360°- però quando si ragiona su preferenze attraverso le quali brillare come le stelle, allora sì, devo dire che sono più attaccato al quadratino o al cubo. O al rettangolo.
Per voi ha scritto Mogol, forse il più grande paroliere del canzoniere italiano. Come vi siete rapportati?
GIGI – Eravamo dei bambini quando l’abbiamo conosciuto in un bar della casa discografica Rca. Ci comportavamo da scalmanati ma comandava sempre lui.
GINO – Dialogo ce n’è stato poco. Non ti ascolta quando parli ed è inutile controbattere.
NICOLA – Guida anche molto veloce e bene…
GINO – … a fari spenti nella notte. Ma non abbiamo paura con lui al volante.
I Tazenda esistono da oltre trent’anni. Appenderete mai la chitarra al chiodo?
NICOLA – Io spero ancora in un centinaio d’anni di creazione.
GIGI – Mi auguro di suonare sempre, finché esistiamo noi perché la musica è un’esigenza per chi l’abbraccia e la fa diventare una compagna della sua vita.
GINO – Mi ricordo che Nicola Arigliano, scomparso a 94 anni, tre mesi prima di morire suonava ancora. Mi piace l’idea di un cantante che continua a stare sul palco, che non prevede di pensionarsi, fino a 90 anni e oltre. Finché lo puoi fare, vai avanti, anche al tuo funerale col permesso, ovviamente, di Colui col quale Gigi vuole fare un duetto.
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