Cagliari – Marco Mengoni per il pokerissimo del Capodanno in Sardegna


Quale poteva essere l’aspetto della Sardegna milioni di anni prima della comparsa dell’uomo? Quali animali la popolavano? Sono tutti estinti? E dove si possono trovare fossili in Sardegna? È vero che è una terra antichissima? E la zona di Cagliari era davvero tutta sott’acqua?
Si risponde a queste e ad altre domande sulla pagina Facebook Animali e piante fossili della Sardegna aperta nel 2019 dal paleontologo Daniel Zoboli dove “L’obiettivo della pagina è quello di divulgare in maniera semplice e chiara la paleontologia (e la geologia) della Sardegna.” Fra lontre giganti, esoscheletri di echinodermi, tartarughe preistoriche, mammuth, scimmie, squali e coccodrilli, ogni giorno pubblica aneddoti sulla preistoria del territorio sardo, descrizioni sui fossili custoditi nei musei, ricostruzioni di specie estinte e non manca la sempre ardente speranza di trovare un indizio (frammento, impronte o magari un intero scheletro!) della presenza dei dinosauri in Sardegna.
- Di che cosa si occupa nello specifico?
Al momento sono ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari e insegno Museologia nel corso di Laurea Magistrale in Conservazione e Gestione della Natura e dell’Ambiente. Ho studiato geologia a Cagliari e mi occupo di paleontologia, in particolare di fossili di vertebrati e della valorizzazione e tutela di potenziali siti di interesse geo-paleontologico.
- Quando che avrebbe proprio scelto di lavorare in questa branca scientifica?
È stato “amore a prima vista” dunque già da piccolo avevo un’idea chiara di quello che mi sarebbe piaciuto fare.
- Com’è nata la sua passione per la paleontologia?
Come per molti colleghi paleontologi, è nata da bambino, da piccolo mi sono sempre piaciuti i dinosauri e in generale gli animali preistorici. Se non ricordo male, tutto è iniziato quando avevo circa 6 anni, in riva al mare avevo trovato un ciottolo con all’interno delle piccole conchiglie che mi hanno incuriosito. Come potevano trovarsi delle conchiglie all’interno della roccia? Da quel momento in poi ho iniziato a prendere in prestito libri sull’argomento nella biblioteca comunale di Carbonia, spesso si trattava di testi non certo alla portata di un bambino, ma era l’unico modo di andare oltre ai soliti libri che raffiguravano i dinosauri. Poi mi capitò tra le mani un libro divulgativo “Animali e piante fossili della Sardegna” scritto dalla paleontologa sarda Ida Comaschi Caria, è stato di fondamentale importanza. Ho inoltre avuto la fortuna di vivere vicino alla vecchia sede del museo di paleontologia E.A. Martel di Carbonia (oggi Museo dei Paleoambienti Sulcitano – E.A. Martel), un luogo che frequentavo assiduamente e che per me era meglio di un luna park.


- Quali sono i suoi prodotti di ricerca più importanti e perché li ritiene tali?
È difficile fare una scelta, spesso si tratta di temi che solo apparentemente sembrano simili. Sicuramente tra i lavori più interessanti a cui ho partecipato vi sono lo studio dei fossili del più antico ruminante insulare conosciuto, Sardomeryx oschiriensis, che visse in Sardegna all’inizio del Miocene, poco meno di 20 milioni di anni fa. Altri lavori riguardano le impronte di anfibi più antiche d’Italia, risalenti al Carbonifero, circa 310 milioni di anni fa. L’ultima fatica, se così possiamo definirla, è stata la descrizione fatta assieme al Prof. Gian Luigi Pillola, di un frammento di carapace del millepiedi gigante Arthropleura, un animale preistorico famoso per essere l’invertebrato terrestre più grande mai comparso sul pianeta.
- Quale è la sua più grande soddisfazione in ambito accademico/lavorativo?
Ogni lavoro è di per sé una piccola soddisfazione, rilevante o meno che sia in termini di “appeal”. Forse una delle più interessanti esperienze in ambito lavorativo è stata quella di tenere tra le mani i fossili di vertebrati quaternari della Sardegna conservati nel Naturhistorisches Museum di Basilea, in Svizzera. Poter toccare il cranio di scimmia ritrovato a Golfo Aranci o le ossa del mammuth nano ritrovate a Gonnesa alla fine dell’800 e che precedentemente avevo visto solo in foto quando ero un bambino, è stata senza dubbio un’esperienza entusiasmante.


- C’è un fossile o una roccia o un intero strato roccioso o un sito di un determinato periodo geologico che preferisce?
Non ho particolari preferenze, da geologo e paleontologo apprezzo tutti i tipi di rocce, ma ovviamente ho più a che fare con quelle di origine sedimentaria, cioè quelle che potenzialmente possono conservare resti fossili. Da bambino mi piacevano i trilobiti, artropodi marini del Paleozoico i cui fossili si trovano anche in Sardegna. Oggi mi occupo principalmente di vertebrati e in particolare di mammiferi.
- Pensa che attualmente ci sia un appassionato coinvolgimento verso i temi geologici da parte dei comuni cittadini (mi riferisco a persone esterne a questo campo accademico/lavorativo)?
Penso di sì. Lo dimostra il gran numero di visitatori che si possono incontrare nei vari musei geo-paleontologici, ma anche la vasta produzione di film, documentari, videogiochi e giocattoli a tema che possono catturare l’attenzione del grande pubblico e in particolare quella dei più piccoli. C’è anche da dire che molto spesso la scoperta di fossili di grande interesse scientifico si deve a comuni cittadini appassionati o meno di paleontologia che scelgono di segnalare le loro scoperte a università e soprintendenze.


- E negli ultimi anni, ha notato un rinnovato interesse in questi ambiti o ha assistito ad un calo di partecipazione a questo corso di studi?
Materie come la paleontologia e la geologia si possono studiare in diversi corsi di laurea, ad esempio all’Università di Cagliari queste discipline sono insegnate sia nel Corso di Laurea in Geologia che in quello di Scienze Ambientali e Naturali. Personalmente non ho notato un calo dell’interesse, ovviamente se lo studente è anche un appassionato della materia avrà modo di approfondire questi temi in maniera più attenta.
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Lei ha creato su Facebook “Animali e piante fossili della Sardegna”, quindi la possiamo definire un divulgatore?
Quello che fa un divulgatore è comunicare dati scientifici al grande pubblico cercando di renderli “appetibili” attraverso un linguaggio “meno tecnico”. Social network, blog e i canali Youtube possono essere strumenti utilissimi nella divulgazione, specialmente se utilizzati da chi orbita nel mondo della ricerca. Nel mio piccolo potrei essere definito tale. Colgo l’occasione per spronare altri studiosi e ricercatori a fare altrettanto: è giusto che i risultati delle ricerche non rimangano confinati nel mondo degli “addetti ai lavori”.
- Cosa l’ha spinta a creare questa pagina? Crede che ci fosse anche una certa vacanza riguardo a questi argomenti sui social?
Attualmente sui social sono presenti diverse pagine che trattano temi interessanti come l’archeologia sarda. La geologia e la paleontologia, pur essendo discipline altrettanto interessanti, sono invece un po’ meno rappresentate. Questo mi ha spinto a colmare questo gap, un po’ per gioco e un po’ per passione.


- Com’è nata la paleontologia in Sardegna?
Il pioniere della paleontologia sarda è senza dubbio il generale Alberto La Marmora, si deve infatti a lui la raccolta dei primi fossili in Sardegna nei primi anni dell’800. Dopo La Marmora ci sono stati diversi studiosi che hanno contribuito a una sempre maggiore conoscenza di questi temi. Tra tutti ricordo Domenico Lovisato e la paleontologa Ida Comaschi Caria. È una disciplina sempre in evoluzione e la ricerca non si è mai fermata. Certamente oggi abbiamo più mezzi di indagine rispetto al passato e possiamo permetterci tipologie di studi ben più dettagliate.
- Mammuth, artropodi giganti, tartarughe, roditori, scimmie, squali e coccodrilli preistorici. Non solo animali, ma anche tutto l’ambiente circostante dove hanno vissuto. Insomma, la nostra isola sia ricchissima di storia “fossile”! Quali sono e dove si trovano i principali siti d’interesse sardi?


La Sardegna ha la fortuna di avere una storia geologica lunghissima. Nell’Isola sono rappresentati tutti i periodi geologici dell’eone Fanerozoico e abbiamo rocce antichissime che si sono formate più di mezzo miliardo di anni fa. È difficile dire quali siano i principali siti di interesse perché ogni territorio dell’Isola ha le sue peculiarità. Nel Sulcis-Iglesiente abbiamo rocce e fossili del Cambriano, nella Sardegna centro-orientale e in Nurra rocce mesozoiche dell’“era dei dinosauri”, mentre fossili di cetacei, coccodrilli, tartarughe e pesci di età miocenica sono stati raccolti nelle aree di Cagliari e Sassari.
- Secondo lei, tutto questo (siti e musei compresi) è valorizzato a dovere? Cosa manca per una opportuna valorizzazione del proprio patrimonio naturale sardo?
Nell’Isola abbiamo musei paleontologici di tutto rispetto, come ad esempio il Museo PAS di Carbonia o il Museo D. Lovisato di Cagliari, sicuramente alcuni di questi meriterebbero certamente più attenzioni da parte delle amministrazioni, le potenzialità sono evidenti ma bisogna avere il coraggio di investire maggiormente nella cultura. Nel territorio sono inoltre presenti geositi di grande rilevanza scientifica che se opportunamente tutelati e valorizzati potrebbero contribuire alla crescita economica delle piccole comunità. Alcuni comuni come Masullas e Genoni da qualche tempo hanno deciso di puntare in questa direzione, la speranza è che siano da esempio per altre comunità, in Sardegna c’è ancora tanto da fare.

