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Rod Sacred, Another Day è il disco della rinascita
Un disco nel 2023 per una band di culto è un evento di per sé.
Quasi un atto di fede se si parla di un genere che ha avuto i suoi momenti di gloria nei ruggenti anni Ottanta. E i Rod Sacred di fede ( ma anche di gloria) ne hanno avuta tanta in oltre quarant’anni di militanza sui palchi sardi e della penisola ma non solo. Lo dimostra questo quarto full-length – rilasciato a 7 anni di distanza dal precedente Submission – dove sono evidenti quei tratti distintivi di chi incurante delle mode va per la propria strada proponendo “musica che suona”, apparentemente una contraddizione in termini. Attiva dal 1982, la band di Villasor ha accumulato un invidiabile bagaglio di esperienza e di “altri giorni” ne ha vissuti parecchi. L’appuntamento col nuovo disco rilasciato a inizio estate ci restituisce una formazione rinnovata nello spirito e in ottima forma e con tanta voglia di rimettersi in gioco dimostrando che gli stimoli ci sono ancora. La band capitanata da Franco Onnis e dal cantante Antonio Deriu, è completata nella sua line up dai nuovi Manu Pes alla chitarra e Mattia Murtas alla batteria. Pubblicato il 1 giugno per l’etichetta Metal Zone Italia l’album è composto da 8 pezzi di puro e bollente Heavy metal come l’estate che li ha visti calcare i palchi isolani ospiti di Lacuna Coil e Rhapsody of Fire.
‘Another Day’, il titolo del disco, non è altro che una metafora della rinascita, rappresentata dalla cover di Dario Cali con la storica mascotte del gruppo che, appunto, rinasce dalle macerie con un urlo liberatorio. È anche il pezzo d’apertura dell’album, di solito, nella tradizione discografica, una dichiarazione di intenti e gli ingredienti ci sono tutti: riff ipnotico, drumming terremotante e colate di riff che si rovesciano sull’ascoltatore come un fiume di magma; è subito chiaro che ci ritroviamo davanti a una produzione all’altezza (forse la migliore della loro carriera) e un disco moderno, capace di far risaltare gli assoli di Pes e sprigionare nei solchi tutta la loro carica live. La successiva Freeman, non fa che confermare le premesse: il pezzo parla di quanto sia importante la libertà e si distingue per le incursioni chitarristiche e una monolitica sezione ritmica.
La reputazione della band si è contraddistinta fin dagli albori sulla perizia tecnica dei brani e la Nwobhm sempre in testa. Antonio Deriu ugola che ricorda tonalità care a John Arch, il cantante degli americani Fates Warning negli anni Ottanta, sale in cattedra su Land of Pain una struggente power ballad abilmente cadenzata che si dipana come un grido di dolore. È un brano che arriva dal passato arrangiato di nuovo con un tema più che mai attuale: la guerra, terribile negli anni Novanta in Kosovo come oggi in Ucraina.
The Ring is Broken che parla dei rapporti che si incrinano e della fine di una relazione ha quasi velleità speed metal e Try to Understand ‘prova a capirmi’ – un titolo che parla da solo – forse il pezzo più oscuro che sembra quasi una preghiera, e la sorpresa I Miss You semplicemente una dichiarazione d’amore dagli echi nostalgici e dalla struggente melodia, sono il preludio alla strumentale The Day After – il giorno dopo – che in qualche modo si ricollega all’incipit del disco e al tema di fare musica a dispetto delle mode musicali del momento. L’oscuro e plumbeo arpeggio in tapping di basso di Onnis è il preludio al mood del brano che ha la sua carta vincente nelle armonizzazioni delle chitarre di Pes; ma è tutto il gruppo a dimostrare grande perizia tecnica. L’adrenalica e saxoniana No Regrees è invece un brano di quelli ‘suonati per rabbia’, con sentimenti contrastanti, di quelli che vogliono gridare al mondo che alla fine si tratta solo di rock’n’roll.
Non c’è l’intenzione di stupire o di dimostrare qualcosa. Another Day è un album istintivo che viaggia sul sicuro deragliare e ci restituisce un’altra band consapevole delle proprie potenzialità. Anche Il rock duro si muove nell’isola e mantiene alta l’attenzione e, come si dice, domani è un altro giorno.
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