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I giorni di Enrico Berlinguer
Il film-documentario di Walter Veltroni in anteprima al Teatro Verdi
Walter Veltroni non ha certo bisogno di presentazioni. Il popolarissimo ex-segretario democratico ed ex sindaco di Roma vanta una larga visibilità, ampliata dalla sua attività eclettica nel mondo della politica italiana, che lo ha visto recitare un ruolo di protagonista. Il cambiamento dello scenario elettorale – e la crisi irreversibile dell’attuale bipolarismo italiano – lo ha indotto ad un lento e convinto disimpegno dalla presenza attiva, ed alla ricerca di un impegno civile sotto altre forme, che esaltano la sua solida cultura e l’amore per la comunicazione. Non dimentichiamo che è il figlio del compianto Vittorio, l’uomo che ha creato il fenomeno della televisione italiana all’alba degli Anni Cinquanta.
Ora ha presentato questo emozionante film-documentario “Quando c’era Berlinguer”, che è approdato nelle sale dal 27 marzo scorso, ed è stato prodotto dalla Palomar per SKY Cinema ed History Channel. Il Teatro Verdi ha accolto una delle anteprime nazionali, con la platea delle grandi occasioni in ingresso libero, e la graditissima presenza del suo autore e regista nella serata celebrativa del venerdì 21 marzo. La serata è stata organizzata dall’amministrazione comunale cittadina, che si prepara a ricordare l’illustre concittadino con alcune iniziative. Veltroni era scortato dall’elegante Bianca Berlinguer, l’autorevole giornalista e direttrice di RAI 3: proprio lei, la figlia del grande statista scomparso improvvisamente in una sera di giugno del 1984, dopo un appassionato e drammatico comizio a Padova.
Trent’anni senza Enrico Berlinguer ed il suo sincero rigore morale, in un’ Italia poi scossa da personalità discusse e carismatiche, dalla Caduta del Muro e l’avvento delle politiche comunitarie, dall’ingresso dell’euro e delle lobbies bancarie che hanno eroso il benessere della gente comune. E’ un altro mondo e clima, quello che osserva con struggente nostalgia e critica attenzione i personaggi e le lotte sociali di un’Italia ormai consegnata ai biografi ed alle immagini d’epoca dell’ Istituto Luce. Un’Italia comunista occidentale, che prendeva le distanze dal militarismo sovietico e dalle aggressioni armate; e chiamava l’URSS “al valore universale della democrazia”, attraverso le indimenticabili parole del suo segretario sardo fragile e minuto, onesto e timido, orgoglioso e lucido. Un paese ancora normale e coinvolto nei diritti civili – memorabili le lotte per l’abolizione della scala mobile e le pensioni, il divorzio e l’aborto – che guardava con opposti sentimenti al tentativo di Aldo Moro. Dopo l’assassinio del leader democristiano, niente è stato come prima. Nemmeno il disegno del grande comunista di Sassari ha visto la luce, perchè alcuni gruppi eversivi ed oscure trame hanno impedito il realizzarsi di un compromesso storico, che avrebbe chiamato gli antichi avversari ad un convergente progetto per il rilancio dell’economia nazionale, prima che il breve vento di Bettino Craxi seducesse l’opinione pubblica.
Il delicato film di Walter Veltroni non può raccontare tutte queste cose. Si concede molte interessanti retrospettive intorno alle radici ideologiche di Berlinguer, il dolce Enrico cantato con parole struggenti da una bella canzone di Antonello Venditti. C’è tanta Sardegna, nelle immagini degli operatori. Il Liceo Azuni, con le foto di famiglia e le pagelle del discontinuo ed intelligente allievo: eccellente in storia e filosofia, buono in italiano, refrattario all’impegno verso alcune materie scientifiche. Le case bianche e la sabbia sottile, il mare e le barche da vele di Stintino: il buen ritiro delle famiglie importanti del capoluogo turritano, come quella del leader comunista e di Antonio Segni. La via San Sisto e la chiesa: il piccolo teatro di una rivolta del pane negli anni della guerra, che gli schiude le porte del carcere.
E tanti volti che hanno attraversato l’avventura ed il cammino ideologico di quest’uomo affilato e quasi mistico, severo e coerente nella sua ricerca di una sinistra attenta al mondo del lavoro ed alle istanze dei deboli. Guardiamo con curiosità un Giuliano Ferrara d’antàn, che agita il pugno chiuso, e partecipa con la sua mole corpulenta ad un corteo dei metalmeccanici, tra striscioni e bandiere, Internazionale e picchetti. Scrutiamo Pierpaolo Pasolini – il poeta friulano ed omosessuale – che rivendica la superiorità antropologica della sua parte politica. Si offrono teneramente alla nostra nostalgia Giorgio Gaber e Marcello Mastroianni, gli sbiaditi scampoli di una Tribuna Politica che vede Berlinguer alle prese con un agguerrito politologo. Ascoltiamo le testimonianze di Giorgio Napolitano ed Enrico Scalfari – epigoni di una lunga marcia verso un comunismo dal volto umano – dopo i carri armati sovietici a Praga e gli orrori di Stalin.
Un lavoro di grande pregio, che in qualche modo è stato un tardivo omaggio del ragazzo romano di ieri, quello che andava ad ascoltare le vibranti arringhe di Enrico Berlinguer. L’ultimo atto del sardo austero e probo – il malinconico orfano 14enne della sua adorata madre – è il suo lungo addio. Dopo tanti anni generano ancora un brivido le centinaia di migliaia di militanti, nella storica Piazza San Giovanni, in straziante ed infinito corteo dietro il suo feretro di militante appassionato. Il film di Walter Veltroni restituisce a Sassari una pagina della sua storia.
Gian Bernardo Piroddi
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